Ho intitolato il WE TALK con Marco Olmo: “Sfiancare gli avversari: come allenare la mente e non il lamento”.
Marco Olmo, classe 1948, è originario delle valli cuneesi.
Ha iniziato a correre a 27 anni. Dopo poco ha deciso di dedicarsi alle corse estreme.
E’ vincitore dell’UTMB, la gara di resistenza più importante al mondo.
Quando ho contattato Marco Olmo per proporgli il WE TALK, la prima cosa che mi ha chiesto è se fossi sicura di volerlo intervistare perché dice di essere “bastian contrario nello sport e nella vita.”
Schietto e diretto. Ama guardare la vita a tutto tondo e non solo, come fanno in molti, ad angolo acuto. Allo stesso tempo è attento e preciso. E ne ho subito la prova, perché non tarda a correggermi, con gentilezza, quando lo presento con le info di lui trovate in rete.
Marco è una persona che vive con i piedi per terra. Dice sempre quello che pensa ed è convinto che questo lo abbia portato di essere molto stimato dalla gente.
É bello sentirgli raccontare che “non è perché hai vinto delle gare diventi immortale”.
Per Marco lo sport è un sistema di vita: piedi ben a terra e attenzione. É economia e gestione.
Marco non ha un passo da conquistatore, ma da sfiancatore di avversari.
Procede con la calma, un passo alla volta. E così raggiunge anche chi è partito pensando di avere la vittoria in tasca.
Si è avvicinato alle ultramaratone quasi per caso.
Era il 1996 quando l’INVICTA lo contatta per la Marathon des Sables. Era l’anno dei suoi 48 ed è arrivato 3 assoluto.
Da lì tante altre ultramaratone a cui partecipa e vince, assieme ad importanti piazzamenti, perché, come ci dice Marco, non sempre si vince.
Sentendo parlare di questa gare mi viene spontaneo domandare a Marco che rapporto ha con la fatica.
Scopriamo così che la fatica per Marco è qualche cosa che si gestisce bene se si sta bene fisicamente, se il corpo risponde bene.
Nelle gare c’è euforia, adrenalina e orgoglio. La forza per farlo non viene solo da se stessi, ma si finisce per correre anche per non deludere chi sostiene un atleta.
Marco, durante il WE TALK, ci racconta che può capitare che in gara, se le gambe non girano, ci si demoralizza. La testa è importante e serve per gestire la performance, ma un po’ come in Formula 1: se non c’è la macchina, il pilota non riesce a vincere. Serve sempre macchina e pilota, corpo e mente.
Marco dice di non essere stato un atleta potente. Non partiva quasi mai in testa. Di solito gareggiava in rimonta: quando gli altri mollavano, lui li riprendeva.
Mi emoziona sentire raccontare Marco.
Quando è andato alla sua prima UTMB non è andato per vincere, ma per fare la gara sperando di arrivare tra i primi. Non ha smania di vittoria.
E proprio per questa ragione conosce talmente bene il suo corpo da sapere quando la fatica va superata e quando è bene ritirarsi dalla gara. Per lui la fatica è una cosa, ma andare incontro a problemi fisici e rischi è un’altra.
Ad esempio nel 2008, dopo 148 km, ha optato per un ritiro piuttosto che rischiare uno stop prolungato.
La sua filosofia:
“É solo una gara: deve farti stare bene, non distruggerti.”
C’è una differenza importante tra “distrutto di fatica” e “distrutto infortunato”.
Certo, come ci racconta, se mancano 5 km e ne hai fatti 155, quei 5 km in qualche modo li fai. Ma se hai ancora 15 km da fare tra salite e discese e non riesci a correre, decidi in modo conservativo.
Marco racconta di non essersi mai pentito di un ritiro, perché piuttosto che stare fermo per 3 o 4 mesi preferisce l’abbandono della gara.
Ma ci tiene a sottolineare che questo è il suo modo di ragionare, non la verità assoluta.
A questo punto del WE TALK mi incuriosisce conoscere il rapporto di Marco con il lamento.
La risposta arriva con due aneddoti:
- Se dici i tuoi guai agli altri o se ne infischiano o ne godono. Quindi non mi lamento.
- Corro da più 40 anni e al via della gare della domenica sembra di essere all’ospedale…tutti ammalati…tutti stanchi. Poi quando parte la gara, stanno da dio e vanno come schegge.
Sorrido ascoltando le parole di Marco, perché da runner amatore conosco molto bene questi scenari e condivido il suo pensiero.
Marco non si lamenta, perché, dice, che lamentarsi non aiuta a risolvere. Trova più utile confrontarsi con gli amici intimi.
Quando qualcuno gli chiede come sta, risponde con ironia “conforme all’età”.
Marco è stato boscaiolo, camionista e operaio in un cementificio. Si allenava sempre dopo dure giornate di lavoro.
Per Marco si vive per correre e si lavora per vivere.
Durante la settimana correva 2 ore post turno e la domenica si dedicava alle gare. E’ sempre andato a sensazione: niente tabelle, niente ripetute, niente supporti elettronici per raccogliere dati.
Conosceva il suo corpo e sapeva che lo poteva portare lontano.
Andava a orecchio, gestiva la sua corsa e ascoltava i suoi avversari e il loro respiro. Era così che decideva cosa fare, come gestire la gara.
Porto Marco a ricordare l’arrivo da vincitore all’UTMB. Lo faccio con le parole del suo libro “Il corridore”, parole cariche di emozione perché in quella vittoria c’è il riscatto. Il riscatto di una generazione. Di un bambino bullizzato, che non ha giocato a pallone perché non viveva in paese e che quel giorno, all’arrivo della gara di resistenza più importante al mondo, dice tra sé e sé: “Cavolo questi sono qui per me”.
Marco non ha una gara del cuore, ma ogni gara gli regala un sapore o un’immagine speciale. Alcune volte ne scopre il senso dopo averla conclusa, magari mentre le ripercorre con la mente scrivendo i suoi libri insieme al suo ghostwriter.
Chiudo l’incontro con Marco portandolo a correre in uno spazio-tempo dove incontra se stesso da bambino.
Scopro che, quasi ogni giorno, oggi Marco corre lungo i sentieri che percorreva da bimbo e spesso si trova a pensare che non avrebbe mai immaginato di correre ancora a oltre 70 anni.
Marco è l’esempio che si può passare dall’essere bimbi che pensano di non farcela, all’essere adulti che raggiungono risultati importanti.
Con questa serenità e consapevolezza Marco ci saluta con un semplice, asciutto messaggio ricco di senso: “buone corse a tutti e buona vita a tutti!”
(Per le foto ringrazio Marco Olmo)
Guarda il WE TALK con Marco Olmo qui sotto
MINUTAGGIO
0:00 INIZIO WE TALK
1:32 “sono bastian contrario”
4:30 cosa è per Marco Olmo lo sport
7:20 come si arriva alle competizioni estreme
9:13 rapporto con la fatica
15:00 decisioni prese nella difficoltà
12:00 gara non vittoria
15:00 decisioni prese nella difficoltà
18:20 lamento
20:35 allenarsi post lavoro
24:37 conosco il mio corpo e so dove mi può portare: lontano
26:24 arrivo alla UTMB da vincitore
32:00 gara del cuore
35:20 viaggio nel tempo