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WE TALK con Jacek Berruti

Jacek Berruti pedala lungo le strade bianche

Ci si può raccontare partendo da una bicicletta?
Sì, e si possono scoprire tante metafore di vita!
Di questo e altro ho parlato con Jacek Berruti e ho scoperto la poesia che si nasconde dietro ogni singola pedalata e ogni battito di vita.

Jacek Berruti è un ciclista particolare che racconta di aver trovato molti modi diversi di concepire il ciclismo. Inizia col parlare della sua prima Eroica, corsa nel 2002.
Parte da qua, perchè Eroica è esperienza, non solo una gara ciclistica.
É bellezza e gusto!
Jacek racconta che la velocità in bicicletta a lui non era sufficiente o meglio non lo rappresentava, tanto da arrivare ad abbandonare cardio e tabelle per scoprire il gusto del divertimento.

Esplora altri modi di andare in bici. Partecipa ad alcune importanti randonnée.
Partecipa anche nel 2017 alla Lodi-Lecco-Lodi gravel e nel 2018 alla Mongolia Bike Challenge con il pettorale n° 1 in onore di Luciano, suo padre, andato in fuga nell’Agosto del 2017.
É presidente del Museo della Bicicletta di Cosseria.

Quando chiedo a Jacek di descriversi attraverso una bicicletta, sceglie la bici con cui fa l’Eroica dal 2004: una Alcyon degli anni ‘20, probabilmente del ‘27.

C’è valore affettivo che lo lega a questo pezzo di ferro, come amorevolmente la definisce.
É stata, infatti, scelta insieme a suo papà Luciano in un mercatino.
É azzurra, che è un colore che ritorna spesso nella vita di Jacek.
É sicuramente  speciale per averla scelta con Luciano. E’ speciale il colore, è speciale perchè come tutte le bici di quel periodo è essenziale: non c’è nulla di superfluo. É una bici comoda, una bici con cui Jacek ha fatto anche pedalate da 15 ore non stop, senza che la schiena presentasse il conto.
É una bici che rispetta i canoni di un ciclismo umano.
É una bici plasmata sulle esigenze dell’uomo: affidabile, resistente, duratura e semplice.
Ma non rinuncia anche a dettagli carini.
É una bici senza cambio, ma come ci racconta Jacek, quello che non c’è non si può rompere.
Andare in bici senza cambio è più difficile, ma è anche bello, perchè imposti un ritmo e vai.
Le ruote sono ruote che vanno bene su ogni fondo.
A Jacek piace pensare di essere essenziale, come questa bici.

Sui social di Jacek mi ha colpito una frase che dice “perchè bisogna continuare a fare le cose belle” e partendo da questa frase scopro il suo perchè.

Jacek Berruti

Il perché di Jacek parte dalla ricerca di equilibrio e benessere psicofisico.
Se dopo una giornata arriva a casa di cattivo umore, usa il movimento, ma soprattutto la bicicletta, come lavatrice delle emozioni.
Quello che succede chimicamente grazie allo sforzo è veramente ciò di cui ha bisogno e non lo considera egoismo, perchè anche se lo fosse sarebbe egoismo sano.
Oltretutto chi vive con lui si rende conto di quanto Jacek abbia bisogno di questa dose di pulizia mentale.
É così che la bici è diventa termometro della sua salute, perchè se ha voglia di alzarsi alle 4 di mattina per fare 200 km vuol dire che sta bene, che sta facendo qualche cosa che gli piace.

Ed è così che si arriva a parlare di Luciano Berruti, il ciclista con i baffi a forma di manubrio, papà di Jacek.

Jacek Berruti Eroica 2017

Luciano sembrava sbucato da qualche strano cortocircuito spazio-tempo che ti portava indietro ai primi del ‘900.
Luciano è stato una persona che insegnava con l’esempio e nell’esempio c’è il valore della coerenza.
Luciano era anche l’incarnazione del valore onestà e di un altro valore ancora. Un valore che sembra non andare più di moda, rimarcato anche da Giancarlo Brocci, ideatore di Eroica, “fratello” di Berruti: la bontà!

Ed è bello sentire come Jacek ci porta a riflettere su quanto raramente si sente parlare di bontà. C’è quasi un imbarazzo nel poter essere volano di questo valore. Jacek ci racconta di come Luciano fosse oggettivamente buono.
Luciano guidava con l’esempio. Non si è mai seduto accanto a Jacek a dire come si doveva fare una cosa: semplicemente la faceva.
Onestà, bontà, semplicità e generosità: questi i valori che ha trasmesso!
Ecco perché bisogna continuare a fare cose belle! Perchè le cose che faceva Luciano erano cose belle!
Ovunque Luciano arrivasse, c’era una scia, un’aura di energia positiva e solarità.
Jacek ha condiviso tante esperienze con Luciano. É stato spesso testimone di cosa accadeva quando le persone incontravano suo padre. In un primo momento tutti erano straniti, ma, subito dopo, cominciava a crearsi una folla attorno a questo uomo semplice, spontaneo e carismatico. Luciano era un magnete.
Jacek, nel suo personalissimo modo, sa che ci sono cose che vanno fatte: direzioni da seguire! Cose da spiegare con l’esempio.
Partendo dal ricordarci che la bontà non è debolezza!

E girovagando tra queste emozioni si parla di salite, tecniche per affrontarle e metafore di vita.

Jacek Berruti pedala

Se vogliamo paragonare la salita a un problema, ci sono quelli che affronti di getto, complessi, ma che durano poco, come le salite brevi, ma al 18%.
Sono quelle salite che affronti quasi con il ghigno. Tieni duro perchè sai che finiscono presto.
Poi ci sono quelle da un’ora e mezza, quelle che non puoi affrontare d’istinto, ma ci devi mettere la testa. Devi ragionare e gestire le forze. Anche perchè potrebbe essere la prima di tante.
L’esperienza insegna la gestione dello sforzo e ti porta ad adattare la pedalata in funzione di quello che il ciclista trova davanti a sè.
Ed è qui che Jacek ci racconta la sua strategia quando lo sforzo si prolunga oltre il ¼ d’ora. Si estranea, non è più nel suo corpo, ma lo pilota dall’alto come se fosse un drone. Gioca e si vede mentre fischietta e canta canzoni vecchie, canzoni di paese. Così il tempo passa. I battiti del cuore possono essere alti, eppure riesce a sentirsi a proprio agio.
Probabilmente altri sarebbero a disagio e invece Jacek no.
E’ consapevole che quell’agonia, perchè di agonismo si parla, finisce, ma che a guidare è sempre l’obiettivo.
Se riesci a stare bene nella fatica, è una situazione proprio bella: sei riuscito a godere di una fase difficile!
É l’esperienza che ti guida!
Raccontandoci tutto questo, Jacek ci ha regalato un’immagine potente di quello che succede quando l’atleta è in stato di flow.

Dopo le salite ci sono sempre le discese, sia nello sport che nella vita, e Jacek ci racconta che in discesa è sempre molto cauto.

I rischi si prendono solo se ne vale veramente la pena. Anche questo è un insegnamento di Luciano che ha sempre consigliato il figlio di rischiare solo se era il caso, perché “il lunedì mattina devi andare a lavorare”.
Jacek non ha una tecnica assimilata e interiorizzata da piccolo e per questo in discesa tira i freni, approfitta per recuperare e non rischia.
Per certi versi va così anche nella sua vita: quando le cose vanno bene va piano e se la gode. Si concentra su quello che gli capita intorno.
Jacek, in discesa in MTB, racconta che non si crea nessun problema, anche se è in gruppo, a scendere dalla bici e fare pezzi tecnici a piedi. Non si sente in imbarazzo perchè questo è il suo modo di godere di ciò che sta facendo.
Ed è proprio in questo che riconosce anche la fortuna di avere accanto compagni di allenamento che capiscono il suo modo di godere fino in fondo dell’esperienza.
Jacek non trova senso nello stare a disagio. I passaggi impegnativi vengono usati per vedere se e come farli perchè c’è chi gli dice “guarda che se vuoi provare, io ti aspetto”.
Arriviamo così a parlare di certezze in sella e la prima cosa che Jacek ci regala è il fatto che non vuole che certezza venga interpretata come presunzione.
Certo è che negli anni ha accumulato tanta esperienza e si augura di accumularne ancora tanta.
Quando è in sella pensa che sa bene quello che sta facendo. Sa affrontare quasi ogni tipo di sforzo, quasi ogni tipo di sfida.
Se ne rende conto sia quando accompagna persone che ne sanno meno di lui e quindi diventa un appoggio dando consigli, sia quando va con quelli che vanno un po’ di più di lui. La parola guida è “esperienza”, quella che c’è e quella che ancora arriverà e che Jacek si augura che cresca costantemente.

Dopo aver parlato di salite e discese, esperienza e consapevolezza, è inevitabile una riflessione su fatica e stanchezza.

E qui Jacek ci racconta proprio del suo bisogno fisico di assaggiare la fatica il più possibile. Non solo in bici o sui rulli, ma anche camminando o sistemando legna. E se non ha occasione di fare fatica ne sente la mancanza.
Quello di Jacek è un bisogno grande di fare fatica.
É il modo con cui misura la febbre del suo corpo.
Se ha voglia di faticare vuol dire che sta bene.
Se ha faticato, dopo sta meglio.
La sofferenza sportiva è una sofferenza appagante è qualcosa che ti fa sentire tremendamente vivo, è linfa vitale.
É anche un obiettivo a breve termine che possiamo permetterci di raggiungere.
É un bene a portata di mano.
Mentre fatichi non è sempre facilissimo; ma dopo il premio è quasi inenarrabile!
Quando finisce lo sforzo, è felice. Lo sforzo, la fatica diventano una iniezione di entusiasmo.
Ed è così che la fatica è un misuratore di valore.
Anche le classifiche sportive sono il risultato di chi sa soffrire meglio.
C’è certamente un lato tecnico, ma vince alla fine chi ha più tenacia.
É l’abitudine a rilanciare e a tenere duro che fa la differenza!
Naturalmente bisogna conoscersi e stare molto attenti al rischio dell’overtraining. Bisogna saper riposare, perché il riposo farà sì che la fatica sia ancora più bella.
E Jacek torna con la memoria a una definizione che Luciano dava di se stesso: faticatore della bicicletta. Un modo di dire carico di tenerezza.
Jacek crede che le cose si realizzino “un passo alla volta”. Per lui, nel mondo del risultato veloce, nello sport, come nella vita, scordiamoci il tutto e subito.

Un’altra curva e ci ritroviamo a parlare di lamento. Questa domanda non può mancare visto il payoff del mio metodo di lavoro “allena la mente e non il lamento”.

Jacek ci porta in una dimensione di utilizzo astuto del lamento.
Premesso che ci confida che della sua vita privata non si lamenta, ci racconta, invece, di quanto professionalmente il lamento possa essere utile.
Una ragione è perchè senza il lamento la società potrebbe sottintendere un benessere di cui ci si potrebbe approfittare. I dipendenti che non si lamentano sono quasi un privilegio per un datore di lavoro.
Ma una ragione ancora più importante per cui il lamento può essere utile è che se è fatto nella sede giusta, professionalmente parlando, può addirittura avere aspetti benefici. Il lamento, in questo caso, è utile se è abbinato ad una proposta migliorativa.
Il lamento fine a se stesso infastidisce Jacek, come la critica fine a se stessa. Lamento e proposta devono viaggiare insieme. Questo è l’unico modo per crescere. Il lamento deve essere accompagnato sempre da una domanda: cosa fai tu per migliorare la situazione?

Verso la fine del mio incontro con Jacek torno con la memoria alla mia Eroica, corsa nel 2017, la prima senza Luciano.

Nella mia scatola in latta di Eroica oltre al mio pettorale c’era, in quell’anno, una fascia rossa. Luciano correva sempre con la fascia rossa al braccio.Jacek così ci racconta che Luciano era testimonial di una raccolta fondi per una malattia rara, la distonia muscolare, di cui erano affetti un caro amico francese di Luciano e il figlio.
Jacek e Luciano hanno corso parecchie randonnée in Francia per raccogliere fondi da donare all’associazione Etoile D’argent per questa malattia, quasi sconosciuta, ma terribile.
E nel 2017 inserire la fascia rossa nel pacco gara è stato un contributo di Eroica a Luciano.
Luciano era il pettorale n°1, non solo in Eroica Gaiole, ma in tutte le manifestazioni di Eroica in giro per il mondo. In inghilterra addirittura gli hanno dato il pettorale con il nome.
Luciano, pur non parlando nessuna lingua, le parlava tutte.
Parlare di Luciano a Jacek fa male e fa bene. Male perché manca. Bene perché ci si rende conto di quanto stia ancora insegnando e quanto sia un esempio per tutti a non mollare mai!


Chiudo l’intervista portando Jacek in una immaginaria pedalata senza limiti spazio temporali e scopro che gli piacerebbe pedalare e chiacchierare con Gino Bartali. Un Bartali fuori dalle corse, un Bartali su una bici da passeggio.

Jacek lo sceglie per quelli che sono stati i meriti umani, che vanno oltre a quelli sportivi.
Bartali, durante la Seconda Guerra Mondiale ha salvato vite umane, rischiando la propria. Lo ha fatto con coscienza e forse paura, ma lo ha fatto!
A Jacek piacerebbe poter chiedere a Bartali il perchè, ma forse Bartali non risponderebbe o risponderebbe che “era normale” o ancora “cosa avrei dovuto fare, tu che avresti fatto?”
Il mondo di una volta era molto più semplice di quello di adesso.
Ad esempio Bartali non ha mai detto nulla di ciò che aveva fatto.
Noi invece oggi  viviamo in un mondo in cui le cose è più importante dirle che farle.
Il ciclismo che fu è l’esatto opposto: è fare e non dire!
Chi fa e basta forse ad oggi non viene visto!

E con questa riflessione, forse un po’ malinconica, ma profonda e carica di impegno morale, saluto Jacek e vi ricordo di continuare a fare cose belle.

(Per le foto ringrazio Ph. Paolo Penni Martelli)

Guarda qui sotto il WE TALK – videointervista completa

MINUTAGGIO
0:00 Inizio WE TALK
3:50 Jacek Berruti si racconta attraverso una bicicletta storica
8:36 Jacek Berruti spiega la frase “perchè bisogna continuare a fare le cose belle”.
11:48 Si parla di Luciano Berruti il ciclista con i baffi a forma di manubrio
17:25 Ci vuole coraggio per trasmettere bontà
18:20 Jacek Berruti parla di salite e tecniche per aggredirle. Strategia mentale utile all’atleta per restare nello stato di flow
25:00 Dopo le salite ci sono le discese, nello sport e nella vita
29:14 Le certezze in sella
31:53 Il rapporto di Jacek Berruti con fatica e stanchezza
40:00 L’utilità del lamento
45:00 Eroica 2017 e omaggio a Luciano Berruti andato in fuga in sella alla sua bici pochi mesi prima
50:49 Viaggio nel tempo: con chi pedalerebbe Jacek Berruti?

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